Esserci o non esserci

same as it ever was

Di concerti ormai ne vedo pochi. Punto tutto sulla qualità in un incontro con i miei miti da sempre e seduta, se trovo posto, in prima fila. Quest’anno, a luglio, è stata la volta di David Byrne, che con tutti i capelli bianchi e in un abito gessato grigio saltava a piedi nudi da un lato all’altro del palco, posseduto dal ventenne di se stesso ai tempi dei Talking Heads. David Byrne che, in certi momenti, pareva suonasse solo per me, nel senso che ero una delle poche intenta a guardarlo e non a catturare la sua immagine con il telefono. Mi veniva persino voglia di chiedergli scusa. Lui era lì che apriva in acustico “Burning down the house” e le mani del pubblico erano più impegnate a tenere la telecamera che a salutare il brano con un applauso. Ma tanto David, che delle nevrosi dell’uomo occidentale ha intessuto la sua arte, penso non ci sia rimasto male più di tanto. Magari, anzi, prende spunto per un prossimo lavoro. Non è poi interessante osservare come stiamo diventando spettatori della nostra stessa realtà, con un filtro costante tra noi e il mondo? Non cosa viviamo, ma cosa siamo in grado di testimoniare, perché poi il video serve a comprovare che eravamo lì. (Sì, ma c’eravamo veramente?)

Per spezzare una lancia a favore del pubblico-reporter e al suo desiderio ed entusiasmo di immortalare, va detto che il concerto era un vero e proprio show da Broadway, con coreografie interpretate dagli stessi musicisti che, al pari di David, si muovevano in quadriglie così intricate da far girare la testa (se volete farvene un’idea andate su youtube, c’è un tale che ha postato l’intero concerto). Le percussioni predominavano su tutto, si andava dal ritmo afro al martellamento della techno. E lì, contenendomi a fatica sulla poltrona (come si fa a non scattare su con “Zimbra”?) e contemplando il pubblico immobilizzato sulle sedie, ho avuto l’ennesima riprova che il nostro è un mondo strano: “assistiamo” alla musica in una sala da concerto quando la musica, e soprattutto la musica ritmata, è fatta per ballare.

A un certo punto un tipo più coraggioso di me si è anche lanciato verso la balaustra che separa la platea dal palco. Non aveva armi, voleva solo ondeggiare sulle gambe. Due marcantoni della security l’hanno ricondotto alla ragione e al suo sedile.

Grazie al cielo è arrivato il momento dei bis e qualcuno ha deciso di rompere l’argine. In molti si sono riversati sotto il palco. La musica ha ripreso e tranne qualche ostinato dedito alla reportistica la gente ballava. Molleggiavano, saltavano, battevano le mani. Cose normali.

Il corpo la sa lunga, il ritmo mette da parte il telefonino. E forse David era proprio lì che ci voleva.

 

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