Un parco cittadino, pomeriggio, due bambini sull’altalena.
“Come ti chiami?” fa il primo.
Il secondo ruota la testa facendo un mezzo giro, poi si dà una spinta con i piedi.
“Perché non rispondi? Sai parlare?”
L’altalena vola in alto. Ian con lei. Il suo ciuffo biondo spennella l’aria calda e assolata di un ottobre che non sa affatto d’autunno.
“Sei straniero?”
Ian gira la testa e guarda i suoi piedi toccare il cielo. Stringe la catena nei pugni.
“Ho capito, sei deficiente.”
Alicia, che finora si è tenuta in disparte, entra in scena. Deve proteggere Ian, l’ha sempre fatto, da quando lui aveva un anno. Parla con il suo accento ispanico garbato, da piccola ha appreso che non bisogna mai offendere nessuno, nemmeno chi ti offende.
“Non è deficiente e sa fare molte cose.”
Normobimbo lancia un’occhiata sospettosa ad Alicia e poi a Ian che gira la testa, da un lato all’altro.
“Ma non sa nemmeno parlare”
“Sì che parla, non parla tanto come te, ma sa fare diverse cose. Suona il piano, sa sciare, e fa le gare di nuoto.”
Ian a quel punto fa un verso d’uccello, se possibile salta ancora più su. Normobimbo si ferma, adesso vorrebbe proprio andar via.
“Non ti credo.”
Alicia senza esitazione prende in mano il telefono e scorre il suo archivio. Cerca i video. Quelli che ha fatto lei, quelli che gli hanno girato il papà e la mamma di Ian, che da undici anni non si danno più pace.
Nel primo c’è Ian che si tuffa dal trampolino.
Intanto una donna, che fino ad allora si era tenuta in disparte, impegnata al telefono, si avvicina. Ha concluso la conversazione, deve andare a controllare che cosa stia mostrando quella a suo figlio. Alicia non si scompone, sposta il telefono perché anche la donna possa vedere:
Ian adesso si sta arrampicando su per una falesia, con in testa il caschetto rosso. Quel giorno è stato bravissimo, c’era anche lei, sotto, a incitarlo.
“È suo figlio?” domanda la donna.
“No, ma gli voglio bene come se fosse mio” sorride Alicia guardando con orgoglio Ian che continua a dondolare con la testa che dondola anche lei, ma perpendicolare, da un lato all’altro.
“Fa… tante cose”
“Sì. Questo però è il mio preferito” e c’è Ian, con il suo ciuffo biondo che segue le mani, su e giù per la tastiera. Suona “Alla turca” di Mozart.
La donna guarda il bambino del video poi quello che non smette di oscillare. Sono proprio la stessa persona, poi, rivolta al figlio:
“E tu che non hai nemmeno ancora imparato a nuotare”.
Alicia ride in cuor suo.
“Amor, scendi. Tra poco comincia l’allenamento di atletica.”
Ian distende le gambe, si frena. Compie un mezzo giro con la testa.
“Arrivederci” saluta Alicia.
Ha fatto quel che era giusto.
Liberamente ispirato a un fatto realmente accaduto.
Dipinto di Amanda Blake, “Preston under Stars”