Perché

perché“Perché è malata ripete tante volte la stessa cosa”, spiega e intanto non alza gli occhi dal foglio, ma traccia linee di matita dal basso in alto. Dorothea la sua, di matita, la tiene sospesa a mezz’aria, incerta se chiedere ancora: “Come si chiama?” a questa bambina dal nome di sabbia.

“Non è perché è malata” e le sorrido accarezzandole un braccio. “Ma lei semplicemente è fatta così”.

“Così come?” mi chiede.

“Così: che fa le domande.”

La volontaria dei giochi che siede all’altro capo del tavolo, prova a darmi sostegno: “Ci sono le persone che fanno tante domande…”

La bambina fa cenno che ha capito, si passa una mano dietro il collo e fa cadere la lunga treccia crespa oltre la spalla sinistra. Continua a disegnare: sono palazzi, come quelli di questo rione a sud della metropoli, una compressa di città sciolta nella campagna.

Dorothea poggia la sinistra sul foglio e segue il contorno della mano, inserendo la punta nello stretto passaggio tra le dita. Un tratto tremolante, leggero. È fatta così.

Però, questa risposta che mi è venuta fuori è una buona risposta.

Perché “malato” non è una spiegazione per nessuno.


“Mano” di Piero Fornasetti.

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