Vasilij Kandinskij racconta che il momento in cui in lui si compì il passaggio all’arte astratta fu un pomeriggio quando, in una certa ora, con una luce particolare che s’era creata nella sua casa, fu colpito da un quadro bellissimo. Era una sua stessa opera che però vista in quella luce e sotto una diversa angolazione perdeva i connotati originali e s’era trasformata in qualche cos’altro.
“Fu allora – conclude il Maestro -che compresi come l’oggetto nuoceva ai miei quadri.” (Ah, l’incanto dell’ironia…)
Qui non voglio soffermarmi su come una visione, improvvisa, fugace, abbia segnato non solo la storia dell’arte, ma anche la percezione del mondo delle generazioni successive. E nemmeno su come sia importante cambiare l’angolazione da cui si osservano le cose. Ma sulla rinuncia dell’oggetto, della definizione e del controllo. Sull’apertura delle linee e dello scioglimento del colore. Su come stringendo gli occhi a fessura e lasciando che i dettagli si perdano in una penombra acquosa… le cose non siano più cose.
È l’anti-occhiali 3D: sottrarre volume fino a lasciare una membrana esterna che si sfilaccia e rimane sospesa nell’aria.
L’effetto K- è antigravitazionale diretto e riflesso. Tolgo peso, volume, contorno… ah, mi sento già meglio…