Strade

stradeLa fila è la fila più corta. Non più di due carrelli e nemmeno tanto pieni. Davanti a me due coppie di pensionati. Mi sistemo come terza e guardo le altre, di file, che partono sin dagli scomparti dei reparti. E penso che ci deve essere sotto qualcosa, non so ben dove e cosa, ma c’è.

Dietro di me si sistema un signore di settant’anni. Mi preme addosso il carrello e non se ne accorge nemmeno. Ma oggi premono tutti: è sabato, è tarda mattina, fuori piove e in troppi, per destino o fortuna, ci siamo ritrovati qui dentro, con il naso per aria, sperduti, incazzosi. Mi avvicino di più al nastro e studio la cassiera. Il momento con la cassiera è sempre importante. Questa l’ho già incontrata un paio di volte. È una che conversa volentieri e ti chiede il parere sul detersivo che stai acquistando. Ha i capelli neri corvino e una messa in piega ispirata a Boccioni, la voce secca delle donne del sud America.

“Vada al tabellone, controlli se ha vinto!” spiega, amabile, alla signora cui consegna lo scontrino.

“Il tabellone là in fondo?” strizza gli occhi la signora e scruta l’orizzonte a tre metri dal suo naso.

“Sì, la settimana scorsa c’era qualcuno che ha vinto l’auto, e non si è fatto vivo… !” poi si gira verso la collega della cassa alla sua schiena: “Mi sembra come all’università, quando si andava a controllare il voto alla bacheca…”

La prossima cliente sono io:

“E che cosa ha studiato?” domando.

“Storia. Studiavo legge, ma poi ho capito che non era l’ambiente che faceva per me. Così ho cambiato. Quante me ne ha dette, mio padre! Sa, al mio paese non è facile entrare all’università. Bisogna dare un esame.”

Mi allargo: “Lei di dov’è?”

“Perù. Ho seguito l’amore in Italia, poi l’amore mi ha lasciato. La vita prende certe strade…”

Dalle Ande al registratore di cassa. De Amicis, duemiladiciasette.

Ci salutiamo, altri commenti a quel punto non sono necessari. Controllo il mio scontrino. L’estrazione dell’auto sarà il 10 di febbraio, chissà se per la fatidica data avrò conservato questa striscia di carta. Carico tutto in auto, sguscio da sottoterra. La pioggia batte sul parabrezza.

All’imbocco del cavalcavia colonne di cemento armato affiorano tra l’umidità condensata, caliginosa, nel quadrilatero di steppa lombarda ancora risparmiato dalla ruspe. Mi ricordano qualcosa e dopo metto a fuoco: le rovine degli acquedotti nella campagna romana sulla strada per l’EUR. Roma, non l’avrei lasciata mai. Eppure sono finita qua.

La vita prende certe strade, e noi si prende per buono un po’ tutto.

Anche la Bovisasca.


Illustrazione di Rébecca Dautremer

5 Comments

  1. ottimo affresco d’umanità sulla (certa) strada. una scrittura matura, dove l’io narrante e la cassiera peruviana surclassano Sal, Dean e gli altri eroi della beat generation narrata da Kerouac. infatti, nel famoso best seller dello scrittore americano si parte entusiasti verso un altrove e non appena se ne resta delusi, ecco che subito si programma un nuovo viaggio pieno di promesse, che verranno presto deluse dal vuoto a venire. in questo breve racconto, invece, la consapevolezza dei perdenti del nuovo millennio è fin da subito totale, siamo oltre la metafora del vuoto interiore/esteriore/universale esistenziale: la “convivenza” con la fine del sogno ha generato mostri “desistenziali” che emergono da sottoterra sulle loro fedeli utilitarie e prendono per buono un po’ tutto. brrrr… urticante… e molto significante, poi, il parallelo finale con le rovine dell’antico impero romano, quasi a suggerire che quelle che ci circondano sono già le rovine del grande impero neoliberista.
    : ))
    non ci resta che aggrapparci al dio uno e scontrino, sperando almeno, dopo aver perso tutto, di vincere almeno – magra consolazione – l’auto.

    Piace a 1 persona

    1. Caspita, a tutte queste implicazioni che mi fa notare non ci sarei arrivata “intellettivamente”, per me era più un sentimento. Comunque tutto quello che ha appuntato è molto interessante, anche se quello che sentivo prevalere era il senso di come, tutto sommato, ci si riesca comunque sempre a trovare una nicchia, una bolla in cui stare, nonostante la pioggia e le rovine. Insomma, si va avanti. Sarà anestetico, sarà rassegnazione, non lo so. Comunque avviene.

      "Mi piace"

Scrivi una risposta a angela Cancella risposta