Lei è partita per le spiagge.
Ma il vicino ha potato gli oleandri, e l’Africa che rimane è nel calore che butta l’asfalto assolato. Il meriggio s’avvicina e il silenzio è quello solenne, come di palpebre appesantite, e di serrande abbassate. Cammino sul lato d’ombra, sono uscita per contare i superstiti. Volantini di mega-sconti accartocciati agli angoli dei portoni. Sono spariti i cani al guinzaglio, rimangono i loro lasciti, rinsecchiti e pungenti all’olfatto. Auto, poche. Di posteggio adesso ce n’è per un convoglio di autotreni. La mia, di automobile, riposa in cortile, a riprendersi dal su e giù, dall’andari-vieni piscina-psicomotricità-osteopatia-logopedia-euritmia.
Perché, appunto, lei è partita per le spiagge.
Tutto quello che per dieci mesi ha riempito i miei giorni s’è sgonfiato come un canotto alla canicola. La polvere, all’improvviso, ha coperto tutto. E ancora silenzio, appiccicoso, come una pesca floscia.
Il bello di abitare in periferia, anche se a detta il mio amico Paolo sarebbe ormai zona semicentrale, è che quando si svuota di abitanti non si popola di turisti e allora hai tutto l’agio di sentirti come quando eri ragazzo e i tuoi ti lasciavano solo in casa. Diventi il sovrano clandestino. L’inerzia è la ricompensa dolce-amara di chi resta. Dopo tanto su e giù mi accorgo che oltre non sarei potuta andare e mi chiedo come e dove ho trovato tutta quella forza, quell’energia per condurre, escogitare, decidere, organizzare. Felice, non proprio. Soddisfatta, nemmeno. Siamo solo all’inizio, la strada è ancora lunga, e in salita. Bivacco, piuttosto, come Walter Bonatti quando sostava spenzolante nel vuoto. Mi preparo un panino, verso un calice di bianco e mi godo questa quiescenza ai margini. In questo scenario da Gabriele Basilico, ma senza troppa metafisica.
Tanto durerà poche ore.
Foto di Silvio Boschet, il prestiné
http://www.urbanexplorations.org/progetti/bovisa-interrotta.html