La Grande Famiglia

famigliaSera d’estate. Una di quelle che ti restituiscono il piacere di essere di vivo. Caldo, ma ventilato. Poche zanzare. E, soprattutto, concerto all’aperto che sai già che segnerà un’epoca, che diventerà un riferimento per quello che c’era prima e quello che è venuto dopo, e quando torni a casa non sei lo stesso di quando ne sei uscito e provi già nostalgia per l’intensità che ti pervadeva solo una mezz’ora prima e insieme ti viene voglia di riprendere in mano tutto quello che hai lasciato in sospeso perché non ti sentivi più la fiducia per continuare. Un concerto esattamente come quello di due anni fa, quando, sotto una tensostruttura montata a fianco di un torrente di montagna, ho tenuto Dorotea sulle ginocchia per due ore, in prima fila, ad ascoltare la Treves Blues Band. Ed era appunto la Treves Blues Band quella che andavamo a re-incontrare al Market Sound, perché è da due anni, da quella prima volta, che Dorotea impugna e suona l’armonica (a modo suo) e mi chiede a più riprese di ascoltare Fabio Treves.

Nel pomeriggio ho mandato messaggi in giro per chiedere agli amici più cari chi volesse unirsi a noi in quell’”impresa”. Con Dorotea è un po’ sempre un’impresa, non sai mai quali risvolti possano prendere gli eventi, bisogna partire pieni di buone intenzioni, ardimento e tenacia e fiducia. Ed è successo che in tanti, tra gli interpellati, hanno risposto che sarebbero venuti. Con Michela (la zia Michi) ci siamo date l’appuntamento a metà strada, con gli altri ci saremmo trovati sul posto. E io mi chiedevo come avremmo fatto, a trovarci: una settimana prima eravamo state sempre al Market Sound con la Vale a sentire Capossela e la confusione era quella degli eventi importanti. Ma Vinicio ha più risonanza di Treves, e quando abbiamo fatto ingresso nello spazio, la vastità della terra battuta si mangiava tutti i presenti. Un concerto per “pochi” intimi, dunque. E infatti il palco allestito era un altro, più piccolo. Dorotea, che con il luogo ci aveva già famigliarizzato, s’è lanciata a correre e saltellare di qua e di là come un puledrino. A un tratto si stoppava davanti a un gruppetto seduto a sorseggiare una birra e cominciava a salutare, uno per uno, tutti quanti: “Ciao” e poi il prossimo: “Ciao” e poi ancora: “Ciao”. Impossibile trattenerla, c’era in lei una forza che la spingeva a muoversi, a schizzare di qua e di là come la pallina di un flipper. Si può dire che abbiamo fatto la conoscenza con quasi tutti i convenuti: famiglie con figli già grandi al seguito e con indosso la maglia Treves Blues Band e i padri che ti facevano capire che uno di quei raduni non se lo sarebbero perso per tutto l’oro del mondo e si prodigavano: “La vuoi anche tu una maglietta ? Vai dal ragazzo là in fondo, quello dietro al mixer, lui ce ne ha sempre appresso.” Trentenni che stringevano in mano la piccola custodia dello strumento che ha reso grande il “Puma di Lambrate”. Era un po’ come trovarsi in quelle congreghe di bikers. Bikers della chitarra e della armonica. E poi sono arrivati Paolo (Paulo Brambrilla, come dice lei) e Luciana, altri zii acquisiti la cui presenza l’ha ancor più eccitata. Paolo l’ha presa in braccio facendola sobbalzare obbedendo ai comandi di lei, così felice, appagata senza ombra alcuna, come solo riescono ad esserlo i bambini quando è estate e c’è aria di festa. La Vale e Giorgio, sopraggiunti poco dopo, le hanno proposto di andare all’area giochi con gli scivoli e le altalene, e lei non ci ha pensato due volte. E guardala adesso come cerca di arrampicarsi e aggancia subito un bambino di poco più piccolo che diventa all’istante suo sodale di imprese arrampicatorie.

Poi ha avuto inizio la musica e a primi accordi Dorotea, come una farfalla attratta dalla luce, s’è staccata dallo scivolo, diretta verso il palco. C’era così tanto spazio disponibile che siamo riusciti comunque a guadagnarci un posto in prima fila. Ho issato mia figlia su una sedia e lei ha preso a zompare e piè pari, con la zia Michi che le faceva da sicurezza sorreggendola da dietro.

I brani si succedevano, intorno a noi la gente batteva le mani al ritmo, alcuni, come Paolo e Luciana, ballavano. La Vale e Giorgio un po’ più in disparte eppure allineati in un’ideale semicerchio il cui centro era Dorotea, in piedi sulla sedia. Che bello sentire che c’è tutto un mondo che la circonda con il suo affetto.

Fabio Treves ringraziava il pubblico: “Eccola, la grande famiglia del Blues, vi conosco tutti, potrei salutarvi a uno a uno”. La grande famiglia, appunto. E il blues è emozione, è vita. Grazie amici, voi che ci siete. Mia grande famiglia del Blues.


 

Illustrazione di Juan Palomino

 

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