È un periodo che trovo cose. Le vedo per terra e non posso fare a meno di raccoglierle e metterle in salvo. Di solito succede subito fuori dalla porta che dà sul cortile del condominio. Sono piccoli oggetti che saranno scivolati fuori da una tasca o da una borsetta o da un bidone della differenziata. Cose che lì per lì non hanno un valore, ma sulla superficie polverosa di cemento spiccano di una brillantezza metafisica. Il primo che mi è capitato era un fiore di plastica di geranio, rosso magenta. L’ho preso come un omaggio destinato proprio a me, un segno di amore, tanto avvolgente quanto misterioso. Poi c’è stata la chiave. In realtà era una piccola fibbia di pelle, che ricordava la forma di una chiave. Anche quella l’ho tenuta, perché, come nelle favole, quando sei davanti a una chiave è il segnale che c’è una porta da aprire, e solo tu sai qual è. Mi piace pensare a questi lasciti come a messaggi di qualche interlocutore invisibile, un folletto, una fata, un angelo custode, l’anima di un caro estinto. Forse invece è una parte di me cui altrimenti non presterei attenzione.
Ieri è stata la volta di un pupazzetto minuscolo, un gadget da ovetto Kinder, non più di tre centimetri, una sagoma che avevo già visto… era il personaggio di un film della Pixar, Inside Out. Come si chiamava? Ah sì, ecco, Joy. E forse è proprio arrivato il momento della Gioia.
che bello ritrovarti Wabi!
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smack!
❤
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Bella questa immagine degli oggetti ritrovati come “piccoli segni”. Ci farò caso 🙂
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