Col sole in fronte

SUNDorothea ha quasi sette anni, anche se a vederla, grande com’è, ne dimostra almeno uno in più. Mi chiedono: “Fa la prima elementare?”, rispondo: “Va ancora all’asilo.”

“Ah, capito, anche lei di gennaio? Allora ha perso un anno. Come il figlio della sorella di mia cugina.”

“No – preciso – è ripetente.” Insomma, cerco di metterla sul ridere. Anche perché, ne sono sempre più convinta, quest’ anno di “resta fermo ancora un giro” nel gioco dell’oca della vita è un privilegio.

Ci sono mamme di bambini speciali che non erano d’accordo con me su questa scelta: “Bisogna stare con i coetanei “ mi rimbrottavano, alcune persino con un certo livore. E poi scoprivo che anche loro avevano chiesto la cosiddetta “saldatura” per il figlio/figlia e non era stata loro concessa.

“Saldatura” non mi piace, è una cicatrice di stagno. Niente a che vedere con l’arte giapponese di ricomporre i cocci evidenziando la linea di frattura con l’oro. Ma anche il concetto di frattura di per sé non mi sembra adeguato. Qui non c’è nessuna crepa, nessun pezzo scollato. Piuttosto un intreccio a maglie più ampie.

L’anno in corso io lo evidenzierei tutto, ma proprio tutto, con l’oro.

Dorothea farà ulteriori passi avanti, ne sono sicura, anche perché avrà il sostegno durante tutta la sua permanenza in classe. Quello che, tra un anno, sembrerà un sogno perduto, una chimera.

Infatti il quadro della situazione nella scuola primaria che ci è stato prospettato è il seguente: su quaranta ore di lezione alla settimana, a un bambino con difficoltà gravi ne spettano venti di sostegno. Questo quantitativo in genere non viene mai dato nella sua interezza. Possono venire riconosciute tutt’al più dodici, tredici ore, oltre alla presenza, a seconda delle circostanze, di un “educatore” durante le ore del pranzo. Per il resto bisogna sperare nelle capacità e nella buona volontà degli insegnanti.

Ed è così, per la stragrande maggioranza dei casi.

“Bisogna muoversi per tempo”, mi ha detto la responsabile al sostegno di una scuola che è stata un fiore all’occhiello della nostra città, finché non ha cominciato a cadere a pezzi nella struttura e a soffrire delle carenze di personale, non solo a livello numerico. “Muoversi per tempo, prendere quante più informazioni possibili e non darsi mai vinti, ma chiedere, insistere. Se è il caso, ricorrere alla legge.”

Per fortuna sto conoscendo sempre più persone (in ambito scolastico e di associazioni) che sono dalla nostra parte e ci appoggiano in questa “lotta continua”. “Lotta continua” era una scritta che vedevo da bambina sui muri dei fabbricati e che adesso suona quasi profetica.

Eppure, per qualche strano meccanismo biochimico, le fatiche e le difficoltà si tramutano in energia. E mi sento forte, determinata a proseguire, soprattutto quando vedo i progressi che fa la mia bambina.

“Questi sono gli anni più belli” così mi ha detto dell’infanzia la mamma di Simone, un ragazzo di vent’anni, anche lui speciale. Il bello, si sa, è un concetto relativo.

Questi, piuttosto, li definirei anni di sole. Con accento acuto o grave, fate voi.

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