Suonare con i piedi

JLEELewis

“Adesso suono con i piedi”.

La vocina è un poʼ pastosa, leggermente rauca.

“Adesso suono con i piedi”.

Lʼultima parola è quasi bisbigliata: mi sta facendo complice. Io intanto riprendo, è lei che lo vuole. Quando mi è salita in braccio, mentre si sfilava le calzine, con un unico gesto deciso ha preteso: “Facciamo film”. Dopo si divertirà a contemplare i propri talloni e punte che pestano o sfiorano lʼavorio e lʼebano del pianoforte producendo una melodia ora pensosa ora irruenta.

“Adesso suono con le mani”.

E io vado avanti, non aggiungo niente, non vorrei rompere lʼincantesimo di quella piccola frase così compiuta, di quella dichiarazione di intenzioni. Tra pollice e indice stringo il rettangolo del telefono. Dal riquadro della telecamera spariscono i piedini con le dita corte e tondeggianti che sembrano fagioli, appaiono i pugni da cui si dipartono, come germogli, i piccoli indici dritti. Pigiano i tasti, non più di sei note.

“Adesso suono con il collo”.

Avanza con il busto, sbilanciandosi, ma così mi scivola dalle ginocchia e devo interrompere il video.
 Un video che insieme rivedremo almeno dieci volte di fila, mentre io le asciugherò la saliva che le cola dalle labbra, per i varchi lasciati dagli incisivi che da qualche settimana non ci sono più. Un video che mi riguardo anche da sola, per risentire quella frase sensata, come quella che direbbe qualsiasi altro bambino: il verbo in prima persona, e non allʼinfinito o declinato in seconda persona, usando il riflesso della frase che le si rivolge. Il “vuoi bere?” che diventa “vuoi bere!”.
 Lʼavverbio “adesso” che sottolinea la sua presenza nel qui e ora, che mette in fuga lʼevanescenza che sembra averla fatta sua, quando la sospende a ogni saltello con un filo invisibile stretto attorno al collo, ai polsi e alle caviglie.
 Quel filo che a volte è stretto e tagliente come una lenza tesa, ma che sempre più spesso si riesce a sciogliere, ad allentare.

“Adesso suono con le mani”. Hai ragione, bambina mia: le mani non offrono che una delle possibilità di suonare il pianoforte. Uno strumento così ricco e complesso come si può avere la pretesa di farlo esprimere solo con una parte del corpo? I piedi sono un’altra possibilità. Con il collo forse non è così agevole, ma può essere tuttavia interessante. E poi, (perché no?), il sedere, i gomiti, il naso. E con la lingua che tipo di effetto si otterrà? Per ogni tipo di melodia c’è il modo più appropriato. Ogni convenzione rappresenta un limite, un impoverimento.

Insegnami, bambina mia, che non c’è una via privilegiata.

—–

Nella foto: Jerry Lee Lewis

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