“Conserva quieto il cuore:
Siedi come la tartaruga,
Cammina vispo come il piccione
E dormi come il cane.”
Li Ching-Yuen (1736-1933)
Questo è quanto aveva postato una mia cara amica, insegnante di medicina cinese, sulla sua pagina di Facebook. Era attribuito a un tale Li Ching-Yuen, di cui veniva riportata la stessa foto che ho messo qui sopra. Commentai subito che doveva esserci un errore perché l’uomo non poteva essere morto nel 1933 se era nato nel 1736. E lei mi rispose che invece quelle erano proprio le date “ufficiali”. Era l’inizio di agosto e in quei giorni mi trovavo con Dorothea in Val d’Aosta, in un piccolo ma accogliente appartamento dentro a un rascard, un’antica abitazione affacciata sul Monte Rosa. Eravamo ancora le sole inquiline di tutta la casa-vacanza, e questo faceva in modo che io ci sentissi un vincolo particolare con quel posto costruito duecento anni prima per dare ricovero agli umani e agli altri animali da cui dipendeva la loro esistenza. Noi due ne eravamo ospiti, ma allo stesso tempo esso ci si affidava: ci accoglieva e noi in cambio gli instillavamo vita. La nostra era una mutua assistenza. Quando tornavamo dai nostri pic-nic nel bosco mia figlia si divertiva a giocare nel tinello con un cestino di vimini che aveva trovato sul ripiano più basso di una scaffalatura vicino al camino. Ne faceva ora il lettino, ora l’automobile del suo orso preferito. Giocava ed era appagata: le sue parole avevano la freschezza dell’aria che avevamo respirato alla mattina, i suoi movimenti erano guizzi come quelli dell’acqua che salta da un sasso all’altro nella discesa del torrente. Io andavo nella stanza da letto e attendevo alla mia occupazione preferita: stare a un’enorme finestra che dà sulla valle. Di solito tutta l’attenzione se la prendeva la cima della montagna più vicina a noi. Rocce e anfratti. Gli abeti a poco a poco si diradano e rimane il solitario cucuzzolo frastagliato, una specie di sella spigolosa che, a seconda del giro del sole, da grigia-blu diventa come d’argento sfumato di giallo e arancione. Di notte, in quel periodo dell’anno, la luna spunta proprio a metà della sella, e ne addolcisce le forme. Lì dietro ci sono i laghi di Palasinaz. E a me sembra quasi di vederli: specchi azzurri e quieti, in attesa che prima o poi vi faccia finalmente ritorno. Quel giorno, mentre sulla mia testa le nuvole si scioglievano in rivoli di bava, avevo fisso in testa il consiglio del cinese longevo. “Conserva quieto il cuore”. Già partivo male. Io non ero affatto in pace: proprio all’inizio della separazione da mio marito, mi sentivo dentro un guazzabuglio di moti di rabbia e slanci d’affetto, incontrollabili. E poi veniva il resto e mi sentivo quasi presa in giro. Davvero un mattacchione, il super-nonno, tutti quei paragoni con gli animali, paragoni che sembravano avere una contraddizione intrinseca. Forse che una tartaruga è in grado di stare seduta? I piccioni “camminano”? E poi se c’è un uccello che non ha affatto l’aria vispa, quello è proprio il piccione. Con quel suo avanzare meccanico, l’inquietante rosso degli occhi fissi in un’unica espressione di immutabile stupidità. L’ultima frase, forse, poteva ancora suonare realistica. In effetti i cani dormono. Ma in genere il cane, almeno nella nostra cultura, quando viene chiamato in ballo come termine di paragone è investito di una valenza negativa: “dormire da cani”, come “mangiare da cani”, di solito sta a significare che l’esperienza è stata tutt’altro che piacevole. Approfittando del fatto che Dorothea era tranquilla e si divertiva, mi sono messa ad annotare sul mio taccuino tutto quello che mi facevano venire in mente le immagini suggerite da Li Ching-yun: magari saltava fuori uno spunto per l’interpretazione di quei motti oscuri. Oggi ritrovo quello che ho scritto qualche mese fa. Mi sembra di essere ancora lì, seduta sulla sponda di quel letto alto, morbidoso, come quello delle favole, dentro una stanza piena di luce. Il sole del pomeriggio che mi rassicura che la giornata non è mica finita e potremo fare ancora tante cose. E l’estate ci farà compagnia anche nelle prossime settimane. Io intanto appunto a matita ricordi, impressioni, riempio le pagine di scrittura fitta finché sento di essermi svuotata, di aver trasmesso sufficiente peso alla carta. Ed ecco, sono libera, tutto sommato, e fortunata, perché c’è Dorothea con me, e perché posso scrivere. Quanto tempo ancora mi accompagneranno le parole del saggio cinese, quanto a lungo le terrò ancora dentro di me? Il loro significato molto probabilmente evolverà con la mia storia personale. Per ora quello che mi dicono è: stai dentro alle cose senza giudicarle dall’esterno. Sii te stesso, nel momento presente, con quello che hai a tua disposizione. Non ha senso pensare che il cane dorma male, solo perché come umano sei abituato a stare coricato su un giaciglio confortevole. Il cane quando dorme, dorme, gli va bene anche la nuda terra e magari gli bastano tre ore per un sonno rigenerante e non ha bisogno di sonniferi e calmanti per tenere a bada delle ansie. Quanto al piccione e il suo “buffo” avanzare, in realtà è il suo modo di spostarsi, come per noi lo è il camminare, ed è vispo, presente a se stesso in quanto piccione. E la tartaruga? Noi umani ci sediamo, la tartaruga per riposarsi lo fa in altro modo, ad esempio si ritira nel carapace. Ciascuno faccia le cose così come è portato a farle, e come si sente di farle. Allora il cuore potrà davvero essere quieto. Il resto verrà da sé. Buon Anno Nuovo a tutti! Vi consiglio di visitare il sito di Letizia Myolin Frailich: http://www.guan.it/Upload/DynaPages/index.php